Prima di iniziare a leggere questo articolo consiglio di vedere il video sottostante.

Capisco il vostro turbamento. Forse a qualcuno di voi a suscitato un certo fastidio. Come mai all’improvviso la donna non interagisce più con il bambino fino a generare una reazione di sconforto e di pianto?

Il video mostra l’esperimento dello still-face (faccia immobile), uno dei paradigmi più famosi nel campo della psicologia evolutiva, ideato da Edward Tronick nel 1978. Si tratta di una procedura di osservazione dell’interazione madre-bambino, creata con l’obiettivo di verificare cosa succede nel momento in cui la madre smette di interagire col figlio. Questi studi hanno innanzitutto permesso di capire che il meccanismo di regolazione emotiva del bambino è un’attività che viene co-costruita. La regolazione emotiva è un processo conscio ed inconscio di monitoraggio, valutazione, modifica, mediazione della risposta emotiva (Thompson, 1994). Nelle fasi più precoci della vita questa capacità è mediata dall’adulto di riferimento, gradualmente poi si sviluppa in una modalità più autonoma e consapevole. Le ricerche condotte da Tronick hanno evidenziato come la competenza emotiva è una acquisizione influenzata dagli adulti ma in realtà uno slancio notevole al suo sviluppo è dato direttamente dalle competenze insiste nel bambino. Infatti, come si può notare nella videoregistrazione il piccolo mette in atto dei comportamenti attivi per ricostruire il rapporto con la madre quando questa viene meno, anche ad età molto precoci (3-4 mesi).

Ma come è possibile che il bambino così piccolo sia già capace di recepire e interpretare i segnali emotivi inviati dalla madre? Altri studi hanno evidenziato come particolari cellule della corteccia cerebrale si accendono quando osservano un’altra persona impegnata in un particolare movimento, soprattutto se si è coinvolti emotivamente, i neuroni specchio. Vi ricordate quanto spiegato dal dott Petrichella sempre nel nostro blog? Potremmo tranquillamente parlare di una struttura cerebrale emotiva, aree del nostro cervello adibite al funzionamento emotivo cioè, che maturano più avanti nello sviluppo. Eppure,  se è vero che le capacità di regolazione emotiva maturano nel tempo è d’altra parte accertato come l’essere umano sia programmato a connettersi, a sintonizzarsi, a ragionare con gli altri e ad apprendere da essi. Tutti desideriamo essere compresi, riconosciuti e apprezzati. A prescindere dall’età, è vitale per noi sentirci parte di, partecipare a, e contribuire alla nostra “tribù”. L’impossibilità di connetterci e contribuire alle vite degli altri, di amare ed essere amati genera ansia, depressione e alienazione. Infatti, l’esperimento dello still-face ha dimostrato che quando il bambino è a contatto con una madre che continuamente non partecipa all’interazione col figlio (come accade nel caso delle madri depresse) i risultati sono devastanti.

 

Possiamo tranquillamente affermare che tutti i bambini hanno gli stessi bisogni. Crisi di pianto, scene di disperazione, capricci apparenti. Certo è vero a volte “sono molto furbi”, “a volte esagerano”, spesso  “non possono vincere loro”. Ma sempre hanno bisogno di noi. Hanno bisogno di essere messi al centro e di sentire la nostra presenza- vicinanza: essere visti veramente, sentire la nostra disponibilità ad essere autentici, genuini. Sintonizzarsi con il proprio bambino è essere consapevoli dei nostri messaggi, trovare la giusta combinazione di movimenti–sguardi–parole, far sperimentare la fiducia, fargli sentire che i suoi bisogni sono importanti e saranno rispettati, fargli spazio, dargli tempo. Entrare in sintonia dunque per comprendere e per far sentire l’altro compreso. Ascoltarlo, comunicargli conforto, legittimare il suo stato di malessere. Ma, certo, significa anche distinguere e non confondere i propri vissuti da quelli del piccolo. Lasciare che il figlio si rispecchi nel genitore eppure mantenere con consapevolezza i confini della propria persona da quelli dell’altro.

Tra gli strumenti utili a far crescere una condivisione emotiva significativa troviamo certamente il gioco  che favorisce la conoscenza di sé in rapporto con gli altri, insegna la regolazione emotiva, permette il consolidamento dei gruppi e insegna abilità sociali, favorisce quindi anche un senso di padronanza e inclusione. E’ importante citare poi la narrazione . Una storia ben raccontata contiene conflitti e soluzioni, comportamenti ed espressioni, e pensieri conditi di emozioni. La convergenza di queste diverse funzioni all’interno delle storie favorisce l’integrazione tra l’emisfero sinistro e destro, e tra i processi dall’alto e dal basso, e tra i processi sensoriali, somatici, motorie, affettive e cognitive. Ma un altro elemento che aiuta a costruire uno spazio adeguato alla sintonia è la capacità del genitore di usare bene il tempo: ottimizzare e valorizzare le ore trascorse insieme, senza forzature, senza riempire di attività le giornate, ma dedicando tempo al riposo, al sano far niente, e poi ad attività condivise. Perché ogni momento, anche il monotono momento della messa al letto potrebbe rivelarsi un proficuo luogo di crescita.

Per le strade dei nostri quartieri a volte sembra di incontrare genitori scoraggiati, adulti distratti, uomini e donne assenteisti delle proprie vite, dell’educazione dei propri figli. Nella nostra società le sfide sono il multitasking, trovare un equilibrio tra il lavoro e la famiglia, la gestione delle informazioni e dello stress. Abbiamo bisogno di mantenere la prospettiva, affrontare le sfide con attenzione e rimanere consapevoli dei nostri bisogni e limiti nel gestire domande numerose e in conflitto.  In fondo quello a cui siamo chiamati da educatori non è poi così lontano dalla realtà, dalla nostra essenza più profonda. Siamo programmati per la relazione, abbiamo una insita capacità di prenderci cura, e d’altra parte tendiamo ad aver bisogno degli altri, che gli altri ci trattino con cura e compassione.  Basta lasciarci andare a questo primordiale istinto, è necessario ritornare solo un pò alle origini delle capacità e necessità umane, la relazione.

Se vuoi approfondire:

Kabat-Zinn, J., M., (2014), Il genitore consapevole, Corbaccio Editore.

Daniel J. Siegel, Tina Payne Bryson (2012). 12 strategie rivoluzionarie per favorire lo sviluppo mentale del bambino, Raffaello Cortina Editore, Milano.

Daniel J. Siegel, Tina Payne Bryson (2012). La sfida della disciplina, governare il caos per favorire lo sviluppo mentale del bambino, Raffaello Cortina Editore, Milano.