Conoscere alcune nozioni di base, sul funzionamento del cervello può sicuramente esserci d’aiuto nella nostra funzione educativa. Questo può valere un po’ per tutti. Sia che siamo genitori, insegnanti, educatori. Addirittura può valere anche per chi riceve l’educazione, sia da figlio che da alunno o in qualunque altro ruolo.
Il modo in cui il nostro cervello funziona ed è organizzato, influenza gran parte di quello che diciamo, pensiamo o facciamo. L’idea è che avendo alcune nozioni base su come questo organo così importante lavora è possibile trarne dei benefici sia a livello personale, sia nella trasmissione e nell’efficacia dell’educazione.
Oggi vorrei soffermarmi con voi su un singolo aspetto, ce ne sarebbero molti altri, ma questo mi sembra fondamentale. Vedremo se in futuro avremo modo di approfondirne altri.
Proviamo a immaginare il nostro cervello come una casa, con un piano di sotto e un piano di sopra. Nel piano di sotto si trova il tronco encefalico e la zona limbica, nella parte inferiore del nostro cervello (più o meno va dalla parte superiore del collo, fino al dorso del naso). Queste aree, che vengono chiamate primitive, si occupano delle funzioni di base, come la respirazione, il battito delle palpebre, reazioni e impulsi innati, elaborazione delle emozioni intense, come paura e rabbia. E’ grazie a questa parte del cervello, quindi, che proviamo emozioni intense, e che possiamo prendere decisioni ancor prima di averci ragionato o pensato, ad esempio in caso di pericolo.
Il piano di sopra, invece, è molto diverso, è costituito dalle così dette cortecce cerebrali. In particolare, dalla corteccia prefrontale mediale, che si trova immediatamente dietro la fronte. Qui, potremmo dire che in generale avvengono i processi mentali più complessi come il pensiero, l’immaginazione, la pianificazione. E’ grazie a questo piano che abbiamo la capacità di pianificare e prendere decisioni per obiettivi, che possiamo controllare il nostro corpo e la nostra reattività emotiva. E’ grazie a questo piano che possiamo comprendere noi e gli altri, sviluppando l’empatia e la moralità.
Ok, che ci facciamo con questa roba? Prima di tutto nel nostro ruolo educativo sapere questo ci aiuta a tenere presente chi abbiamo di fronte. Tenere presente, infatti, che alla nascita è praticamente formato il piano inferiore e quello superiore quasi per niente, non mi sembra banale. Sapere che il piano superiore, sottoposto a parecchia attività nell’infanzia, raggiungerà la sua struttura definitiva solo dopo l’adolescenza mi sembra un dato rilevante da tenere a mente. Ad esempio sarebbe utile ricordarcelo quando siamo di fronte ad un bambino completamente fuori di sé perché non trova il suo giocattolo preferito. Forse in quel caso, più che imporci con regole, potrebbe essere utile calmarlo e cercare insieme a lui delle strategie più da piano superiore che inferiore. Non si tratta di non dare delle regole precise o di darla sempre vinta al bambino o ragazzo. Si tratta, di volta, in volta, di stimolare in lui l’attivazione di determinati comportamenti o modalità di pensiero, anche attraverso domande, cercando di ricostruire insieme al bambino come si sente, perché si è comportato in un determinato modo e sostenerlo nell’accedere al piano superiore. Tenendo conto, appunto, che si tratta di aree ancora molto poco formate, fino a dopo l’adolescenza. Ma ciò non vuol dire che non ci si può lavorare. In questo modo una crisi di rabbia del nostro bambino, ragazzo, pur creandoci disagio, può diventare un’ottima occasione di crescita. Per lui ma anche per noi.Sapere queste informazioni, inoltre, può aiutarci come genitori ed insegnanti a chiederci: Sto agendo da piano di sotto o piano di sopra?
In generale, comunque, il concetto di benessere psicologico, è collegato proprio a una buona integrazione del cervello sia tra questi due grandi piani che tra tutte le sue parti. La psicopatologia ci mostra come alla base di molti disturbi vi sia proprio una “cattiva” comunicazione, tra le diversi parti del cervello. Penso, quindi, che nei vari ruoli educativi che ricopriamo, non ci sia una missione più grande di quella che metterci a servizio per consentire uno sviluppo del cervello il più possibile integrato nelle persone di cui ci prendiamo cura. Qui ho dato alcune informazioni di base, ma secondo me già molto utili, per cominciare a lavorare, o perlomeno a ragionare in questo modo.
E ovviamente ti aspettiamo al convegno e continua a seguirci!
Se vuoi approfondire:
Daniel J. Siegel, Tina Payne Bryson (2012). 12 strategie rivoluzionarie per favorire lo sviluppo mentale del bambino, Raffaello Cortina Editore, Milano.
Daniel J. Siegel, Tina Payne Bryson (2012). La sfida della disciplina, governare il caos per favorire lo sviluppo mentale del bambino, Raffaello Cortina Editore, Milano.