I bambini sono delle spugne di conoscenza ma per far esistere le cose hanno bisogno di nominarle!
Anche nell’ambito della sessualità c’è un momento in cui bisogna dare un nome alle cose e alle esperienze. I bambini possono formulare i loro interrogativi in tanti modi diversi, o può accadere che il genitore decida di affrontare un determinato tema perché capisce che è arrivato il momento giusto per parlarne. I diversi argomenti possono essere affrontati in maniera diretta, semplice e informale, l’importante è mostrare la propria disponibilità nei confronti della curiosità dei piccoli e l’apertura al dialogo! Un indicazione generale indipendentemente dall’età del figlio o dall’interrogativo posto al genitore è quella di evitare di rispondere con frasi come: “Non sono cose che ti riguardano” o ingiunzioni del tipo: “Non si parla di queste cose” chiudendo il discorso bruscamente, poiché il bambino non avendo risposte, cercherà di soddisfare la propria curiosità mediante altre fonti. E’ importante man mano che percorriamo le tappe dello sviluppo immaginare i modi più adatti di soddisfare le loro curiosità in rapporto: all’età, alle conoscenze pregresse e al linguaggio utilizzato in famiglia. Bisogna sapere che dire delle cose vere, non vuol dire rivelare tutto o fornire dettagli troppo inquietanti, non si deve scaricare sul bambino un flusso di spiegazioni troppo lunghe ed elaborate, poi nel corso della crescita si tornerà sugli argomenti in questione e si forniranno maggiori dettagli e approfondimenti.
Ricordando che ogni bimbo è unico farò riferimento a due fasce d’età 2-5 e 5-9. Nella rubrica di oggi offrirò degli spunti per i bimbi nella fascia di età 2-5 anni.Quando è cosi piccolo il bambino ha più che altro bisogno di parole rassicuranti, prima di affrontare il tema della sessualità è buona norma chiedere cosa già sa sull’argomento ed accertarsi che le nozioni di cui dispone non siano scorrette o confuse, ricordando che il concetto di amore in sé è ancora astratto. A questa età i bambini imparano già a identificarsi come maschio e femmina (Sandfort, 2013), anche se per lo più lo fanno da alcune peculiarità esteriori come per esempio l’abbigliamento o i capelli, ma molti sono anche consapevoli delle differenze genitali (Gordon, Schroeder & Abrams, 1990). Comunque l’identità di genere (il sentirsi maschio o femmina) verso i 4 anni è generalmente consolidata, prima ancora che si ottenga una piena consapevolezza delle differenze a livello genitale (Rutter, 1980). La curiosità sessuale si manifesta quando essi incominciano tra il secondo e il terzo anno di età a notare le differenze tra il corpo maschile e quello femminile e tra il corpo infantile e quello adulto, questo tipo di curiosità va accolta positivamente in quanto è un aspetto della curiosità generale verso il mondo. I bambini imparano a conoscere il loro ambiente osservando, toccando e sperimentando e da questo punto di vista il corpo non è diverso dalle altre realtà che essi incontrano nella quotidianità. Il bambino vorrà comprendere il funzionamento del corpo umano, arrivando cosi ad interessarsi anche agli organi genitali, prima di tutto ai suoi, poi alle differenze tra il corpo maschile e quello femminile. A 3-4 anni è molto curioso e man mano che le sue competenze linguistiche aumentano pone domande sempre più specifiche, cominciando cosi ad interessarsi alla nascita. Il bambino scopre e sperimenta il mondo che lo circonda grazie alla sua intelligenza e all’immaginazione, è da qui che nascono le sue domande! A partire dai 2 anni e ½ circa percepisce che nella pancia della mamma c’è un altro; una persona diversa e sconosciuta che lo intriga; intuisce che è fragile; che ha bisogno che ci si prenda cura di lui. A questa età il bambino è pronto a meravigliarsi e accoglierà con semplicità ciò che i genitori gli diranno. Come trovare le parole giuste per rispondere alle domande :”Da dove vengo”? ; “Come mai la sorellina è nella pancia della mamma?” ecc ecc
Raccontare una fiaba, anche se è una modalità molto diffusa, è sbagliato, in quanto si sta raccontando al bambino qualcosa di falso! Confrontando le nostre favole con i discorsi che ascolta nella realtà e con i continui stimoli che arrivano dai media come minimo resterà stupito del nostro racconto!
I bambini derivano dall’amore dei genitori, allora perché non raccontare loro una storia vera?
Per spiegare ai bambini da dove vengono si consiglia di utilizzare un linguaggio ANALOGICO. Secondo l’etimologia della parola il linguaggio analogico è quello che sottolinea la relazione di affinità e somiglianza, viene utilizzato per spiegare ai bambini qualcosa che non conoscono ancora o che conoscono in modo incompleto, confrontandolo con un’altra realtà a loro familiare. E’ quello che facciamo quando diciamo ad un bambino: “Sei come papà” o ad una bambina: “ Sei come mamma”. Questo consente loro di identificarsi in un modello all’interno della famiglia.Luca 4 anni potrebbe chiedere alla mamma:
D:“Com’è sistemato nella pancia il bambino che sta per arrivare?”
R:”Il bambino si trova al caldo e nella pancia della mamma, dove ha tutto ciò che gli serve, questa tasca è speciale, anche tu sei stato in quella tasca prima di nascere!”
D: “ Da dove sono uscito io?”
R:” Alla fine di nove bellissimi mesi in cui ti ho portato nella mia tasca speciale e nella quale sei cresciuto, sei uscito da un buchetto che la mamma ha tra la gambe, è cosi che nascono tutti i bambini e anche alcuni cuccioli di animali (importante far capire al bambino che il parto è un evento naturale, non una malattia o un incidente per cui la mamma deve andare in ospedale!!!!) D: “Dimmi mamma come fa a nascere un bambino????
R Quando la mamma sente che il bambino sta per arrivare, il papà l’accompagna in ospedale quando è pronto a nascere il bambino ha la testa rivolta verso la strada speciale da cui uscirà. Questa strada è morbida e si allarga e gli permetterà di passare.
E se il bambino non fa nessuna domanda esplicita? Può succedere! Se il bambino non chiede esplicitamente da dove vengono i bambini, i genitori possono attendere il risveglio della sua curiosità intellettuale. E’ importante parlare al bambino con naturalezza, gioia e semplicità, il fatto di aver riflettuto su quello che vogliamo dirgli ci permette di evitare la timidezza e l’imbarazzo; diversamente il bambino potrebbe sentirsi a disagio e dedurre che si tratta di un argomento delicato, se non addirittura di un tabù!
Gli diremo la verità, in modo consono alla sua reale capacità di riceverla, attendendoci alle sue domande e curando la qualità del linguaggio. E’ bene assecondare il bambino che vuole toccare la pancia della mamma, per dire buongiorno o buonanotte al nascituro, è un buon modo per renderlo partecipe e per permettergli di esperire ciò che sta accadendo nel grembo materno.
Dott.ssa Alessandra Uliano