Il tempo delle feste trascorse sono il tempo dell’attesa, della speranza, e del desiderio di ricevere un dono, di condividere momenti piacevoli con le persone amate, di realizzare un progetto che tanto ci sta a cuore.

In un tempo in cui sembra tutto a portata di click, le emozioni e i pensieri che ci distanziano dalla realizzazione di un nostro bisogno, che si realizzano nell’attesa, sembrano essere connotati in maniera del tutto negativa e annullati da un semplice gesto.

Ma cos’è l’attesa? Cosa vuol dire?

In latino la parola ad-tendere vuol dire aspirare, mirare, distendersi verso qualcosa. Quindi potremmo dire che nell’attendere c’è un tendere, una tensione verso qualcosa che arriverà in un tempo più o meno stabilito, più o meno lungo.  Ma c’è molto di più, nel momento in cui noi aspiriamo, miriamo a qualcosa, la aspettiamo, abbiamo la possibilità di riflettere su cosa ha per noi un significato, di ascoltare i pensieri, emozioni, bisogni che ci animano, di far emergere le competenze/gli strumenti necessari per giungere all’oggetto del desiderio.

E ancora, è grazie alla capacità di saper aspettare che possiamo imparare a darci il tempo necessario e adeguato a ognuno di noi per giungere a desideri più profondi.

Allora cosa ci impedisce di aspettare? Come mai l’era del click si veste di benessere e serenità?

Il tempo dell’attesa che qualcosa si realizzi ci mette in sospeso e inevitabilmente ci pone nella condizione di sperimentare uno stato di attivazione, tensione, ansia che può avere una connotazione negativa o positiva a seconda di quanto siamo in grado di gestirlo.

La fantomatica ansia, di cui sentiamo parlare continuamente e ovunque in senso per lo più negativo, come ogni emozione, ha in realtà una funzione positiva in quanto ci pone in uno stato di vigilanza, attivazione, attenzione che ci predispone all’azione in situazioni in cui percepiamo la presenza di un pericolo o di un problema; pensiamo ad esempio se tra i presupposti del nuovo anno ci fosse quello di raggiungere un certo obiettivo lavorativo, o fare un certo numero di esami, lo stato di attivazione ed ansia ci permette di pianificare e compiere i passi che ci portano alla meta. L’ansia assume una connotazione negativa quando ha un’intensità talmente elevata da condurci a fuggire da determinate situazioni, ad abbandonare un determinato progetto, a rimanere in una situazione di paralisi, a mettere in atto azioni disorganizzate che ci allontanano dal soddisfacimento dei nostri bisogni o ci portano a soddisfarli in modo parziale.

Inoltre, la possibilità di stare in un tempo sospeso, è direttamente collegato con la capacità di riflettere sui nostri bisogni immediati al fine di poterne valutare l’importanza e la rilevanza (procrastinazione della soddisfazione di un bisogno) o al contrario la necessità di soddisfare istantaneamente un bisogno appena emerso per evitare sentimenti di angoscia e insicurezza.

Ed ecco che di fronte a una società che ti pone nell’immediato la possibilità di non porti il dubbio se quell’oggetto ti è veramente utile, o non porti nella condizione di fare i conti con le tue emozioni di fronte a un partner, grazie a un click o a un’emoticon, il problema è risolto. Di fronte alla percezione di quel bisogno, o quella difficoltà nel gestire una situazione emotiva complessa viene data una soluzione semplice, basta un click.

Cosa succede quando nasce in noi un bisogno? Qual è lo schema che si attiva in noi e che ci porta a trovare un modo per soddisfare quel bisogno?

Quando nasce in noi un bisogno si crea uno stato di tensione che ci conduce a compiere una serie di azioni che conducono alla sua soddisfazione.

All’interno di questa dinamica sono presenti diversi fattori quali: emozioni, pensieri, comportamenti, che si possono racchiudere in quelli che diversi autori chiamano “sistemi motivazionali” (Darwin, Ekman, Bowlby, Panksepp e Gilbert). Tali sistemi sono innati, regolano il rapporto tra sé e l’ambiente fisico e relazionale, si strutturano su più livelli interagenti:

  • Un livello arcaico che raccoglie i bisogni non-sociali, cioè tutti quelli che sono orientati alla sopravvivenza e all’omeostasi fisiologica.
  • Un livello più recente che controllano i bisogni relativi all’interazione sociale proprie dei mammiferi. All’interno di questo livello troviamo l’attaccamento, l’accudimento, la cooperazione e la sessualità.
  • Nell’ultimo livello, proprio della specie umana, troviamo la dimensione cognitiva dell’intersoggettività e della costruzione di significati. Questo livello motiva a creare strutture di memoria condivisibili (linguaggio), a partire dalla comprensione intersoggettiva di intenzioni ed emozioni. Infine influenza i sistemi sottostanti, collegando strutture concettuali verbalizzabili (esplicite) alle memorie (implicite) delle occasioni in cui hanno diretto comportamenti ed emozioni.

Gli schemi di regolazione dei bisogni scaturiti da ognuno di questi livelli porta con sé un bagaglio specifico di emozioni, cognizioni e comportamenti specifici fortemente connessi ai modelli di domanda e risposta che si sono costruiti nel tempo con l’ambiente circostante e in particolare con le figure di accudimento primarie. Non a caso il primo sistema che si attiva, e che da sempre garantisce la sopravvivenza della specie, è quello dell’attaccamento, che ha come fine la ricerca di cura e protezione in momenti di pericolo o sofferenza fisica e psicologica. Le modalità con cui le figure di riferimento del bambino risponderanno ai suoi bisogni, influenzeranno la modalità stessa con cui lui stesso sarà in grado di soddisfarli in futuro.

Nelle relazioni di attaccamento, proprio per la specificità umana di poter riflettere sulle proprie e altrui emozioni e intenzioni, il bambino impara ad ascoltare, valutare e gestire le proprie emozioni, e a decidere il comportamento da mettere in atto. Ed è così che ogni volta che il bambino sentirà una tensione interna derivata dalla fame, sonno, o bisogni di altra natura, imparerà a codificarli, a gestire le emozioni scaturite e le azioni necessarie per poter giungere alla soddisfazione di quel bisogno.

Com’è possibile quindi insegnare il valore dell’attesa?

Ogni qualvolta sentiamo un bisogno, come accennato, si attiva in noi uno stato di tensione che ha come fine quello di trovare modalità che portino alla soddisfazione. In questo percorso può succedere che ci voglia del tempo perché questo avvenga, o si possono incontrare delle difficoltà o è possibile che quel bisogno non possa essere soddisfatto. In queste situazioni è possibile sperimentare emozioni come tristezza, ansia, rabbia, paura, frustrazione.

Il tipo di risposta comportamentale dato in risposta a tali emozioni è fortemente connesso con la capacità di stare con queste emozioni, dargli un significato, riflettere sulle possibilità di risposta tenendo in considerazione i propri bisogni, quelli altrui, e le reali possibilità.

Per fare questo è importante che il bambino quando sperimenta tali emozioni possa:

  • Esprimerle
  • Sentirsi accolto
  • Aiutato nella gestione della situazione
  • Supportato nella ricerca di comportamenti adeguati.

Tale procedimento faciliterà nel bambino, e nell’adulto poi, la capacità di saper valutare criticamente quali bisogni soddisfare, perché in grado di stare in quell’attesa che mira a qualcosa…. di più alto del bisogno immediato!

CONSIGLI DI LETTURA

Bauman Z., 2000, “Modernità liquida”, Editore LaTerza,

Cantelmi T., Toro M.B., Scicchitano M., Lambiase E., 2015, “Essere padre e madre oggi. Crescere i figli con equilibrio e stabilità ”, Edizioni San Paolo.

Liotti G., 2005, “La dimensione interpersonale della coscienza”, Carocci.