EFFETTO ZEIGARNIK: perché i bambini giocano per cinque ore consecutive alla Wii ma, seduti a studiare, dopo mezz’ora lamentano già di essere stanchi?
📍È conoscenza condivisa che ci interessiamo di più alle cose in cui riusciamo meglio.
Ma la domanda è…perché accade questo?
➡️ Conservare a lungo l’interesse per una qualsiasi attività è sempre difficile, a meno che non si raggiunga in esso un certo livello di competenza e determinati risultati.
🆕 Ecco perché l’inizio di una nuova attività, che richiede al bambino uno sforzo prolungato nel tempo per essere portata a termine, solleva in genere la stessa risposta: “È bruttissima, non voglio farla!”
…Si pensi alla prima lezione di musica o di danza per imparare a suonare uno strumento musicale o una disciplina sportiva.🎒 Man mano che il bambino si sente più bravo, può capitare che ci ripensi e dica: “Non vedo l’ora di rifarla!”
📌 Ecco, lo stesso vale nella didattica!
📚 Quando si programma un compito da realizzare in classe, è necessario che esso abbia un inizio e una fine, per dare agli studenti il senso d’aver realizzato qualcosa.
📍L’effetto Zeigarnik ci insegna che un compito interrotto ha maggiore probabilità di essere ripreso e completato dallo studente, e sarà ricordato meglio di un’attività analoga portata a termine senza interruzioni.
Ma l’effetto funziona solo con i compiti che hanno una struttura:
👉🏼 un inizio👉🏼 una direttiva
👉🏼 un fine …alla fine!
Viceversa, se i compiti sono:
👇🏼 troppo facili👇🏼 privi di significato
👇🏼 non offrono possibilità di monitorare il progresso in atto
…essi non stimolano la motivazione a completarli, anche se interrotti!
Cosa ne pensate? Aspettiamo il vostro parere!
Dott.ssa Federica Caccioppola