Il 25 Novembre è stato scelto come giorno in ricordo di attiviste politiche, le sorelle Patria, Maria Teresa e Minerva Mirabal che denunciarono gli orrori della dittatura del loro paese, che furono prima deportate violentate e uccise il 25 Novembre 1960, per mano del regime presente, che vedeva nel dittatore Trujilo il suo leader, ossia il Presidente della Repubblica Domenicana, la loro storia è diventata un simbolo della lotta contro l’oppressione e la violenza di genere. Cerchiamo di comprendere cosa sia questo fenomeno: con violenza di genere si indicano tutte quelle forme di violenza da quella psicologica e fisica a quella sessuale, dagli atti persecutori del cosiddetto stalking allo stupro, fino al femminicidio, che riguardano un vasto numero di persone discriminate in base al sesso.
La normativa contro la violenza di genere persegue tre obiettivi principali: prevenire i reati, punire i colpevoli, proteggere le vittime. Con l’introduzione nel 2009 del reato di atti persecutori-stalking, che si configurano in ogni atteggiamento violento e persecutorio e che costringono la vittima a cambiare la propria condotta di vita, fino alla legge sulle ‘Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere’, risultano infatti rafforzati la tutela giudiziaria e il sostegno alle vittime, una serie di aggravanti e la possibilità di permessi di soggiorno per motivi umanitari per le vittime straniere di violenza. E’ importante rilevare come la comunità internazionale abbia richiamato l’attenzione sul fatto che la violenza contro le donne è un fenomeno storico e culturale di cui va riconosciuta la natura strutturale proprio in quanto basata sul genere, e abbia evidenziato il suo essere una delle dinamiche sociali che hanno determinato per le donne una posizione subordinata. Le vittime italiane di femminicidio nel solo 2023 sono 105, dato allarmante che ci fa comprendere quanto è cresciuto in maniera esponenziale il numero delle vittime di violenza. Il Rapporto Mondiale su violenza e salute dell’ Organizzazione mondiale della sanità, presentato a Bruxelles il 3 Ottobre 2002, definisce il fenomeno della violenza come uno dei principali problemi di salute pubblica a livello mondiale e considera gli atti di violenza come un fenomeno complesso, legato a modelli di pensiero e comportamenti plasmati dalla nostra società: “[…] La violenza non è semplicemente riconducibile a problemi famigliari, scelte personali, sfaccettature della vita … è il risultato di complessi fattori causali che possono oltrepassare i confini nazionali”. La Convenzione di Istanbul, siglata nel 2011 e ratificata dal Parlamento Italiano con la legge 77/2013 definisce in maniera chiara il ruolo dell’educazione al genere nelle scuole. Per prevenire la violenza di genere, a sua volta definita come uno dei meccanismi tramite cui le donne sono costrette in posizione subordinata rispetto agli uomini. Il ruolo dell’educazione nel prevenire questo fenomeno è ritenuto determinante; la Convenzione ribadisce infatti che è necessario «includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado dei materiali didattici su temi quali la parità tra i sessi, i ruoli di genere non stereotipati, il reciproco rispetto, la soluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, la violenza contro le donne basata sul genere e il diritto all’integrità personale, appropriati al livello cognitivo degli allievi». Scuola è tra i primi enti che si accorgono del disagio quindi possono fare primo intervento di sostegno, hanno un alto potenziale preventivo, prima valutazione della gravità del disagio, da ciò i diritti e i doveri degli insegnanti quando si viene a conoscenza della violenza di genere nell’ambiente scuola (Insegnante se non denuncio cosa succede?), favorire l’autotutela nell’ambiente lavorativo a scuola. La violenza di genere in famiglia può avere un impatto notevole nei futuri cittadini, i bambini che crescono in famiglie dove c’è violenza possono subire una serie di disturbi comportamentali ed emotivi. Questi possono anche essere associati alla perpetrazione o all’esperienza di violenza più avanti nella vita. Per questo Progetto Pioneer promuove numerosi progetti per affrontare con bambini e adolescenti temi inerenti educazione al rispetto, insegnare all’affettività ossia educare alle differenze di genere con attività di educazione socioaffettiva, conoscere ed imparare a gestire un’emozione, costruire esperienze di reciproca condivisione, imparare a costruire legami empatici, riconoscere legami disfunzionali, riconoscere segnali predittivi di violenza di genere con particolare attenzione ai segnali impliciti ed espliciti di un uomo violento. Educando alla differenza di genere rispettando l’altro nelle sue peculiari diversità, provando ad incentivare empatia, ristabilendo rispetto dei ruoli nei vari contesti. Bisogna affrontare i temi dell’educazione al rispetto fornendo la possibilità di sperimentare un ambiente accogliente e non giudicante, che consentirà di procedere verso una destrutturazione dei ruoli e delle relazioni basate su stereotipi. Questo previene la formazione di comportamenti discriminatori ed è fondamentale per la formazione dei più piccoli, oltrepassando le teorie del patriarcato, svicolandoci da secoli di stereotipi di genere, imparando a gestire un’emozione come la rabbia, tutto ciò aiuta a saper accettare un NO!
La nostra associazione con i progetti presentati nelle scuole, ha come finalità quello di incentivare un clima di accoglienza, prevenendo fenomeni di discriminazione ed esclusione, incentivando la capacità di stare in una relazione in cui la forza personale non si traduce e non si esprime nel dominio sull’altro. I criteri su cui si deve fondare una sana relazione sono libertà, rispetto, puntualizzando su tali aspetti la responsabilità per costruire una società accogliente, inclusiva e non violenta. Si perché bisogna educare alla NON VIOLENZA. Il lavoro di sensibilizzazione e prevenzione è necessario per il contrasto alla violenza maschile sulle donne e l’educazione a relazioni non violente fornisce la possibilità alle nuove generazioni di riflettere su se stessi e sul rapporto con gli altri. I valori che vanno incentivati per educare alla non violenza riguardano lo sviluppo di capacità di costruire relazioni basate su principi di parità, equità, rispetto, inclusività, nel riconoscimento e valorizzazione delle differenze, così da favorire nella società il libero sviluppo di ciascun individuo in accordo col proseguimento del bene collettivo. “ Io ti rispetto per il bene comune”, “io ti vedo come simile a me”, “accetto il tuo NO e mi scopro migliore dei miei padri”.
Dott.ssa Francesca Fiume Psicologa-Psicoterapeuta Cognitivo-interpersonale