Giorni fa ho ricevuto una telefonata. Una neo-mamma mi chiede un appuntamento a studio per una consulenza psicopedagogica: “Dott.ssa vorrei che lei mi desse delle indicazioni di massima per organizzare il gioco della mia bambina di 10 mesi. Come posso aiutarla al meglio, per la sua crescita? Lasciare tutti i giochi alla sua portata? Comprare regolarmente materiale nuovo? Come strutturare la cameretta?”

Una richiesta apparentemente insolita; alcuni genitori hanno già poco tempo da trascorrere con i figli, figuriamoci per riflettere su come ottimizzare tempi e spazi. Ma pensandoci bene, una simile domanda nasce da un’importante punto di partenza, una riflessione che possiamo porre all’attenzione di tutti. Genitori non si nasce, ma si diventa. Questo è ancor più vero nell’epoca odierna, dove il ruolo educativo è inficiato da notevoli stressor: ritmi frenetici, limitati rapporti con la famiglia allargata, scarso sostegno sociale, frequenti difficoltà di conciliare lavoro e famiglia, reazioni tecnomediate, social e quant’altro. Approfittiamo allora di questo blog per far crescere la nostra consapevolezza e competenza di educatori.

Di seguito cercherò di fornire alcuni brevi suggerimenti per giocare e organizzare al meglio le attività ludiche dei bambini dai 0 ai 3 anni. Partiamo dall’assunto di base secondo cui il gioco è lo strumento elitario di sviluppo del bambino. Attraverso di questo l’infante scopre se stesso, gli altri, il mondo. Vygotskij, noto psicologo russo, affermava che il gioco è il risultato della combinazione di più fattori: in particolare delle caratteristiche del fanciullo, della relazione e del contesto. Pertanto ci soffermeremo schematicamente su ognuno degli elementi indicati in modo da costruire una chiara mappa delle variabili da monitorare per garantire una buona qualità del gioco del bambino.

1.LE CARATTERISTICHE INDIVIDUALI DEL BAMBINO

Uno dei primi pilastri educativi è certamente relativo al proporre attività adeguate alle capacità proprie dell’età. Piaget ha fornito un approfondito quadro dello sviluppo cognitivo del bambino, ma certamente nelle sue proposte l’educatore deve tener conto anche del livello di sviluppo motorio, linguistico etc. Di seguito una tabella che ci aiuta a riconoscere e prevedere le caratteristiche del gioco nei primi 3 anni di vita.

Tenendo presente lo specchietto su proposto, capiamo bene come possa essere utile proporre il cestino dei tesori (è possibile trovare in rete ampie notizie in merito) quando il neonato comincia la fase esplorativa. Avere a disposizione una piccola cesta con dentro oggetti di uso quotidiano (cucchiaio, scatolette di cartone,pallina da tennis, tappo di gomma da vasca, sacchettini stoffa, mollette da bucato, spazzolino, etc) e di vari materiali certamente incoraggia e sostiene la fase di sviluppo che il bambino sta attraversando. Diversamente uno strumento di questo tipo apparirebbe assolutamente inadeguato quando dopo i 2 anni il bambino ha già acquisito lo schema cognitivo di molti oggetti, è pertanto capace di “far finta che”: per tal motivo uno dei giochi proposti in questa fascia di età è invece i travestimenti, che garantiscono uno spazio di simbolizzazione estremamente stimolante.

Certamente, poi i tratti specifici del bambino sono una risorsa da cui sempre partire e con cui sempre confrontarsi. I suoi interessi, i gusti, le attitudini, il temperamento dipingono lo sfondo sul quale adattare ogni tipo di proposta educativa. Mettiamo il caso di avere di fronte un bambino particolarmente dinamico, che predilige i giochi di movimento e fisici. E’ certamente corretto agevolare la sua predisposizione ma non possiamo esaurire il repertorio ludico con soli giochi per scaricare le energie. Ma ecco che si introduce il secondo elemento determinante nella qualità del gioco: la relazione.

2. LA RELAZIONE GENITORE-BAMBINO NEL GIOCO

Bruner, parlando della funzione del genitore introdusse il termine di “scaffolding”, intendendo un ruolo di supporto nello sviluppo del proprio figlio, una sorta di facilitatore nell’acquisizione di capacità più sofisticate. Per far ciò l’adulto deve essere un ottimo osservatore, giocare adattandosi velocemente ai repentini cambiamenti del proprio bambino e innalzando gradualmente il livello di gioco. Tutto ciò può sembrare difficile da realizzare ma in realtà è quello che molto spesso facciamo solo sulla base dell’istinto educativo. Quando il lattante comincia a lallare, a produrre vocalizzi, importanti prerequisiti del linguaggio, spesso naturalmente la mamma risponde intonata con gli stessi suoni permettendo al bambino di rispecchiare il suo comportamento. Poi, la mamma prosegue e cambia tonalità o suono o addirittura introduce una canzoncina. Così facendo il livello della competenza viene alzato. Il lattante non è ancora capace di produrre quei suoni, o quelle parole ma la mamma lo introduce verso una competenza che presto dovrà raggiungere. Pertanto, il coinvolgimento attento del genitore nel gioco diventa fondamentale per incentivare lo sviluppo del bambino.

3. IL CONTESTO

Come è noto, in fine, l’ambiente in cui si cresce definisce un’importante variabile nello sviluppo. Un cotesto stimolante, accudente, amorevole favorisce un adeguato sviluppo. Se dovessimo in particolare dettare qualche linea guida per organizzare lo spazio del gioco personalmente proporrei una sigla semplice da ricordare: OCP.

  • Ordinato, affinché il bambino possa concentrarsi su una attività per volta, e scegliere in modo strutturato cosa fare. Spesso le camere sono piene di giocattoli, troppo spesso inutilizzati. Basterebbe selezionarne solo alcuni da far stare alla portata dei figli per un paio di settimane, spostando gli altri negli armadi o in cantina. A giro si potrebbero poi cambiare i giocattoli in camera. Ma soprattutto come abbiamo visto, teniamo alla portata del bambino i giocattoli che gli “servono” di più nella fase di sviluppo che sta attraversando.
  • Comodo e Pratico, da riordinare e pulire ad esempio. Quando il neonato gattona, o fa i primi passi, in un ambiente accogliente è certamente meno soggetto a richiami e timori degli adulti intorno a lui. Ciò non vuol dire trasformare le nostre case in asili nido, ma adibire uno spazio sicuro al gioco del piccolo e garantire invece altri luoghi alle esigenze degli adulti. Nel tempo, si insegnerà al bambino il rispetto reciproco: “Questi libri sono di papà. Non puoi toccarli, se vuoi prendiamo i tuoi”.

Siamo giunti ora alla conclusione di questo articolo. Abbiamo tracciato delle linee guida volte a favorire il gioco di qualità genitori- figli, capace cioè di aiutare il suo sviluppo, in un ambiente OrdinatoComodoPratico.

Che ne pensate? Avete esperienze dirette da raccontarci? Scriveteci.

 

Se vuoi approfondire:

  • Piaget J., (1945), la formazione del simbolo nel bambino. Imitazione, gioco e sogno. Immagine e rappresentazione. Trad. it., La Nuova Italia, Firenze, 1972.
  • Vygotskij L., (2010), Immaginazione e creatività nell’età infantile, Editori Riuniti UP
  • Wood D., Bruner J. S., Ross G., The role of tutoring in problem solving, in Journal of Child Psychology and Psychiatry, volume 17, da pp.89 a 100, Pergamon Press, 1976