Il senso del pudore nasce spontaneamente? E’ esclusivamente il riflesso dell’educazione data ai nostri figli? Senso del pudore e vergogna sono la stessa cosa? Queste sono solo alcune delle innumerevoli domande che i genitori si pongono quando i loro figli sulla soglia dei 7 anni iniziano a manifestare desiderio di intimità, lasciando sbigottiti la mamma e il papà dai quali in precedenza non mostravano alcuna reticenza nel farsi vedere nudi.
L’atteggiamento del bambino nei confronti della propria corporeità e della propria nudità, cambia con l’età e va di pari passo con lo sviluppo psicologico, emotivo e con la conoscenza e consapevolezza del proprio corpo. Il bambino nasce senza tabù, fino ai tre anni esibisce il proprio corpo spontaneamente, ama girovagare nudo, sentirsi libero poi qualcosa inizia a modificarsi e nasce nel bambino il desiderio di intimità, questo cambiamento è caratteristico dello sviluppo e va rispettato senza intromissioni.
Verso i 3-4 anni il bambino inizierà a notare le differenze tra il corpo maschile e quello femminile e mosso dal bisogno di conoscenza tempesterà i genitori di domande come: “Perché non ho il pisellino come il fratellino?” , “Perché ci sono maschi e femmine?” questi sono solo alcuni degli innumerevoli quesiti a cui si trovano a fare fronte genitori spesso imbarazzati e presi in contropiede dai propri figli. Sono domande caratteristiche di questa fase dello sviluppo e vanno accolte positivamente rispondendo con spontaneità e naturalezza aiutando cosi il bambino ad acquisire consapevolezza di sé stesso e aiutandolo a tracciare dei confini tra il suo corpo e quello degli altri. Il pudore inizia a svilupparsi proprio durante questa presa di coscienza.
Il senso del pudore va a svilupparsi completamente intorno ai 7 anni, come afferma lo psicologo-psicoterapeuta Gilberto Gobbi “Il pudore è qualcosa di intrinseco, di potenziale, che si manifesta quando il bambino, attraverso processi interni, matura l’esigenza di tracciare dei confini tra il proprio corpo e quello degli altri corpi, compreso quello della mamma e quello del papà.” Tuttavia come sostenuto da Goldman e Goldman i genitori e la famiglia rivestono anch’essi un ruolo importante nello sviluppo del senso del pudore. Nell’esperimento da loro condotto su bambini dai 5 agli 11 anni si evince come questi siano perfettamente consapevoli che non è giusto girare nudi anche se fa caldissimo perché è buona regola vestirsi, in quanto insegnatogli dai genitori.
Può accadere che i genitori si rendano conto che il pudore infantile non è lo stesso tra “femminucce” e “maschietti” e che spesso si manifesta prima in questi ultimi. Ciò può accadere per due motivi:
- In primo luogo perché nel bambino gli organi sessuali sono visibili, mentre nella bambina sono nascosti all’interno del corpo.
- In secondo luogo i maschi hanno delle erezioni spontanee e ben presto si rendono conto che è un fenomeno che non riescono a controllare, ciò può provocare imbarazzo che fa nascere in loro il pudore, un sentimento che precede ogni considerazione morale.
“Non capisco, tutto d’un tratto il mio bambino rifiuta l’aiuto dei nonni nello spogliatoio e preferisce non farsi vedere nudo tant’è che mi manda via quando è in bagno per fare la doccia. Perché si vergogna di me?” Questa è solo una delle considerazioni che spesso i genitori esprimono quando i loro figli varcano la soglia dei 7 anni, innanzitutto è errato parlare di vergogna in quanto la vergogna è un emozione secondaria conseguente un azione deplorevole o disonorevole e implica una serie di inibizioni e tabù che non appartengono ai bambini, ma che sono dettate dai “grandi”, il pudore invece nel caso del bambino è legato alla propria identità psicocorporea ed è connesso al senso della propria identità e dignità. Il consiglio che viene dato ai genitori è di non considerare il pudore un problema ma al contrario come un atteggiamento positivo che indica un sano sviluppo.
Per approfondire
https://gilbertogobbi1.wordpress.com/2011/04/11/il-bambino-e-il-suo-corpo-il-pudore/
Gails S.Goodman, Leslie Rudy, Bette L.Bottoms and Christine Aman. Children’s concerns and memory: Issues of ecological validity in the study in children’s eyewitness testimony, 254-255