Caro lettore, forse segui il nostro blog o forse ti sei imbattuto oggi per la prima volta nei nostri scritti? Oggi vorremmo approfondire la questione della libertà o del diritto ad essere educato. E’ importante che tu sappia chi è Progetto Pioneer, da chi è composto, e cosa ha a cuore. Si tratta di un’associazione di promozione sociale composta da vari professionisti che, innanzitutto, nella vita sono mamme e papà, cercano di essere zii presenti o insegnanti attenti. Insomma, persone comuni alle prese con i grandi temi educativi, con la passione di trasmettere e il desiderio di creare. Il nostro intervento è però, in effetti, arricchito da un importante contributo: lo studio scientifico. Ricorrere alle ricerche, alle indagini scientifiche sui vari fenomeni, ci aiuta a comprenderli meglio e a provare a rispondere con una modalità più accreditata. 

Ci piacerebbe riflettere su come e quando è opportuno indirizzare i bambini e quando, invece, lasciarli liberi. La dimensione della scelta in questi tempi, assume dei connotati controversi. C’è chi le rende una prassi a cui ricorrere frequentemente, chi invece la circoscrive a una marginale dimensione della vita dei più piccoli. A volte, sembra diffondersi un modus educandi che riduce i genitori a meri propositori di attività da svolgere, di cibi da mangiare, di vestiti da indossare. Tutto in modo assolutamente neutrale, pensa qualcuno. Si insomma per non influenzare troppo, per non manipolare. E i bambini, di conseguenza,  assumono il ruolo di piccoli consumatori seriali che giustamente scelgono di pancia e non secondo il loro bene (perché attenzione, loro non lo sanno riconoscere sempre il loro bene). Vi faccio qualche esempio, giusto per rendere l’idea: dai cinquenni che ancora scarrozzano sopra i passeggini perché “non vogliono camminare, sono stanchi”, ai nanetti che non mangiano nulla a scuola perché “non gli piace” per poi trovare tranci di pizze che li aspettano appena messo il piede fuori dal cancello dell’istituto. E ancora, i simpatici tesori ormai diventati proprietari dei nostri telefonini: “almeno non lancia urla e non distrugge casa con tutte le sue acrobazie”. In una società liquida, dove ogni contorno sfuma, il tema della scelta va poi a inserirsi anche in tematiche estremamente delicate come quelle identitarie. La cronaca ci racconta di bambini chiamati con un pronome neutro perché lasciati liberi di scegliere da soli, quando diventeranno più grandi. Ma fermiamoci un attimo, proviamo ad andare a fondo, a non rimanere superficiali o, peggio, ancorati ad antichi pregiudizi. Perché mai un adulto dovrebbe lasciar scegliere, per cosa dovrebbe garantire una scelta ed in merito a cosa invece rimanere fermo sulle sue posizioni? 

Parliamo ovviamente di uno specifico adulto che è vicino al bambino, di un educatore, di qualcuno cioè che per motivi di parentela, ruolo o altro, è chiamato ad educare. Ma qual è l’origine, il significato della parola educare? Deriva dal latino “ducare”, che sta per “trarre, condurre” e dalla particella “e”, che sta per “fuori”. Dunque, l’educatore dovrebbe “trarre fuori”, aiutare il piccolo a crescere, far emergere il suo valore intrinseco, la sua unicità, il suo bagaglio personale di risorse. Tuttavia, c’è da considerare che il processo di crescita segue un andamento piuttosto naturale. Grandi studiosi delle età di sviluppo, come Erickson (2018) e Piaget (2000), hanno ampiamente spiegato come al crescere delle età corrispondano diversi compiti evolutivi. Un bambino a 12/18 mesi deve, ad esempio, imparare a camminare. Una simile acquisizione è infatti fondamentale per l’obiettivo evolutivo tipico di questo periodo, cioè l’esplorazione dell’ambiente circostante (Bowlby, 1989). Un adolescente, invece, deve aprirsi al mondo sociale pur mantenendo una condizione di interdipendenza dalla famiglia d’origine (Siegel, 2014). Non rimarrà quindi solo ed isolato ad affrontare le sfide della crescita ma acquisirà un’autonomia pur mantenendo la capacità di chiedere aiuto e di appoggiarsi a relazioni significative. Ma dunque, se il processo di crescita tende a seguire il suo percorso, quale dovrebbe essere la funzione di un educatore? L’approccio utile a comprendere il processo educativo che qui vogliamo proporre vede il bambino come dotato sin dalla nascita di un repertorio ampio di tratti genetici, temperamentali, emotivi e di potenziali competenze. Tuttavia, l’andamento del percorso evolutivo è influenzato anche da altri fattori, in questo scenario un ruolo fondamentale è assunto dall’educazione. L’educatore fa da guida, orienta, indirizza, potrebbe favorire o limitare la crescita del bambino. In ogni caso l’educazione ha delle caratteristiche, ogni educatore ha un nome, un volto e una storia. A volte con il falso mito della neutralità si tenta di negare una simile specificità, e di conseguenza tutta la sua ricchezza. Pertanto, riteniamo utile evidenziare che l’educazione non può prescindere la scelta, l’educatore funge il suo ruolo nella sua squisita unicità. Certamente, è utile essere consapevoli di come lo stampo educativo influenzi il bambino, tuttavia non è un dato di per sé negativo ma invece assolutamente insito nella relazione.

Chiarita ed evidenziata la straordinaria e specifica unicità di ogni educatore, possiamo osservare come questi sia comunque sempre chiamato a rispettare i bisogni propri di ogni fase di sviluppo. Il bambino, ad esempio, ha bisogno di una traiettoria, di un binario su cui procede sentendosi al sicuro, molto diverso è l’adolescente che ormai capace di fare ipotesi e deduzioni diviene gradualmente capace di fare delle scelte. Pertanto, risulta più utile guidare il bambino nelle situazioni in cui si trova a scegliere. Per orientare un infante è necessario partire dal dato visibile, tangibile. In effetti, le sue capacità di pensiero sono ancorate al concreto. Dai piccoli ai grandi temi, senza banalizzare la complessità degli eventi, potremmo però definire la traiettoria educativa su questo principio. Ad esempio, quando un bambino dai 2 ai 6 anni scopre il suo genere sessuale, è utile confermarlo a partire dal dato biologico, cioè da ciò che può direttamente osservare e associare al maschile e al femminile. In Educare al maschile e al femminile (Cantelmi, Scicchitano, 2013) viene citata un’interessante frase di Serenella Macchinetti in un convegno sull’educazione: “L’azione educativa, che mira a suscitare persone libere, aperte alla vita e agli altri, capaci di autoformarsi nel corso dell’intera esistenza, afferma la singolarità e l’unicità di ogni persona, valorizza le inclinazioni e gli atteggiamenti che nascono dalla matrice femminile o maschile, senza appiattimenti e omologazioni”.

Tuttavia, è pur vero che esistono situazioni particolari. Al riguardo la disforia di genere si connota come un forte e persistente desiderio di identificarsi con il sesso opposto (DSM 5). Questo mancato abbinamento tra sesso biologico e identità di genere produce in queste persone un notevole disagio che si esprime in una componente emotiva dolorosa e angosciante legata al genere di nascita (Vicari, Vitiello, 2015). In simili casi è opportuno procedere con la massima cautela e supportare il bambino nella sua crescita servendosi del supporto di adeguati strumenti. Trattandosi di una situazione estremamente delicata il genitore può chiedere aiuto e rivolgersi a dei professionisti del settore.

Ma tornando al nostro tema, in questo articolo ci riferiamo invece a situazioni diverse, dove c’è un’inclinazione genitoriale preventiva a lasciar scegliere il bambino. In merito, c’è un altro aspetto interessante dell’educazione messo in evidenza anche dalle semplici definizioni di dizionari di lingua italiana. Educare è “Far crescere e maturare qualcuno dal punto di vista morale e intellettuale. In effetti, il bambino non è sempre in grado di comprendere cosa può fargli bene e cosa male, a differenza dell’adulto, ha scarse capacità logico deduttive che gli permettono di prendere una decisione consapevole tenendo conto dei vari risvolti della situazione. Va dunque guidato. 

Recentemente lo studioso John C. Gibbs (2013) ha proposto un modello di sviluppo stadiale. La prima fase coincide con il periodo dell’infanzia fino all’adolescenza. In questo arco di tempo il bambino sviluppa la comprensione delle regole, di ciò che è giusto o sbagliato e la valutazione dell’azione morale. Le regole nascono esattamente per questo motivo. Tutti abbiamo bisogno di essere contenuti, orientati. Anche noi adulti abbiamo i nostri istruttori: qualcuno ha il personal trainer per il fisico, qualcun’altro il nutrizionista per la linea, qualcuno segue la moda per orientarsi sull’abbigliamento da indossare o il medico per la nostra salute. E se noi, che siamo grandi, abbiamo i nostri mentori, perché mai un bambino non dovrebbe averne bisogno?

Allora una delle sfide di questo tempo, è tornare ad educare, riprendere a dare dei confini, ad orientare. Consapevoli di possibili errori, di limiti e inadeguatezze, ma certi dell’utilità di una presenza attenta e partecipe.

Come avete capito noi di Progetto Pioneer siamo qui, e contiamo di restarci, al vostro fianco, ad affrontare le piccole o grandi sfide educative.

Bibliografia

  • DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, M. Biondi, Cortina Raffaello, 2014.
  • Terapia Integrata in Psichiatria dell’Età Evolutiva, Chapter: La disforia di genere, Publisher: Il Pensiero Scientifico, Editors: Stefano Vicari, Benedetto Vitiello, pp.509, 2015.
  • Educare al femminile e al maschile, T. Cantelmi M. Scicchitano, Ed. Paoline, p. 165, 2013.
  • Moral Development and Reality: Beyond the Theories of Kohlberg and Hoffman, John C. Gibbs, 2013.
  • La mente adolescente, Daniel J. Siegel, Raffaello Cortina Editore, 2014.
  • Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento, J. Bowlby, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1989.
  • I cicli della vita. Continuità e mutamenti, Erik H. Erikson,Joan M. Erikson, Brossura, 2018.
  • Lo sviluppo mentale del bambino e altri studi di psicologia, J. Piaget, Einaudi, 2000.