UNA PREMESSA TEORICA
Per la letteratura psicopedagogica è ormai consolidato il fatto che una buona relazione tra genitori e insegnanti favorisca il benessere dei figli-alunni. La relazione tra la scuola e la famiglia rappresenta un fattore centrale di promozione dell’apprendimento: numerose ricerche hanno dimostrato la correlazione tra questa e il successo scolastico degli alunni.
Laddove migliori risultati scolastici (interesse, partecipazione, non abbandono) si ottengono con un rapporto sinergico scuola -famiglia, la scuola è chiamata a progettare interventi mirati con i genitori per dare ai ragazzi la più alta opportunità di sviluppo armonico e sereno. Tale relazione deve fondarsi sulla condivisione dei valori e su una fattiva collaborazione delle parti nel reciproco rispetto delle competenze.
Nonostante tale evidenze, in realtà si fa poco in questa direzione: sempre più frequentemente scuola e famiglia non riescono a comunicare. Tali difficili rapporti devono essere affrontati partendo dalla convinzione che, sia a livello organizzativo sia individuale, la relazione scuola-famiglia costituisca una dimensione su cui investire perché produce vantaggi a tutti i livelli, ma soprattutto perché favorisce negli alunni apprendimento e benessere.
Nella letteratura psicologica sono stati elaborati alcuni modelli sulla relazione scuola-famiglia, utili per la definizione di prospettive operative che possano migliorare tale relazione. Ad esempio, il modello noto in letteratura come The Overlapping Spheres of Influence Model di Epstein (1996), ispirato alla visione ecologica di Bronfenbrenner (1986), enfatizza la cooperazione e la complementarietà della scuola e della famiglia incoraggiando la comunicazione e la collaborazione tra le due istituzioni. Il modello del coinvolgimento dei genitori elaborato da Hoover-Dempsey e Sandler (1997) si focalizza sul senso di efficacia dei genitori e sulla costruzione del loro ruolo genitoriale, evidenziando come per padri e madri sia importante percepire di poter esercitare un’influenza sull’educazione dei figli e sentirsi coinvolti dalla scuola. Entrambi i modelli sottolineano il ruolo di ciò che motiva le famiglie a partecipare attivamente alla vita scolastica dei figli.
Senza entrare nel dettaglio di questi modelli, i quali riflettono diversi tipi di presenza delle famiglie a scuola e un diverso loro livello di coinvolgimento nella educazione dei bambini, quel che si vuole qui sottolineare è l’urgenza di un’interconnessione tra le due agenzie educative, con strategie che coinvolgono sempre la relazione tra scuola e famiglia.
MIGLIORARE LA RELAZIONE TRA LA SCUOLA E LA FAMIGLIA: UNA BUONA PRATICA
Sostenuta finora l’esigenza di promuovere e sostenere la collaborazione tra scuola e famiglia, il presente articolo illustra una buona pratica che è stata realizzata dal team Pioneer all’interno di un istituto di istruzione superiore al fine di implementare la relazione tra la scuola e la famiglia.
L’intervento realizzato può essere suddiviso in tre grandi momenti.
MOMENTO 1. DIAGNOSI
Il nostro team è stato contattato dalla scuola per implementare l’efficacia relazionale di una classe di difficile gestione. Dopo aver ascoltato separatamente sia gli insegnanti sia i genitori, è emerso che gli interrogativi più significativi riguardano da un lato la composizione e la gestione del gruppo classe, dall’altro i metodi educativi genitoriali, legati soprattutto al rispetto delle regole. In pratica, genitori e insegnanti si attribuiscono le responsabilità a vicenda.
Come uscire, quindi, da questo apparente impasse?
MOMENTO 2. DIALOGO
È stato istituito un incontro nel quale genitori e insegnanti potessero dialogare, nel senso etimologico del termine: dia=fra + lògos=discorso. Quindi discorso fra le due parti.
Genitori e insegnanti hanno concordato sulla necessità di trovare una metodologia educativa comune per legittimare l’autorità educativa di entrambi e per assicurare uniformità di comportamento verso i ragazzi, dei quali restano la guida principale.
Gli insegnanti hanno condiviso il fatto che adottare metodologie maggiormente inclusive e partecipative potesse non solo migliorare la partecipazione attiva dei ragazzi, ma anche aumentare la coesione di classe, favorendo un clima di apprendimento fondato sul riconoscimento e sullo scambio. È stato riportato, infatti, che i ragazzi, quando stimolati in maniera adeguata alle loro capacità e predisposizioni (teatro, progetti, informatica orientata ad un lavoro futuro), sono in grado di attivarsi e di vivere esperienze significative.
I genitori hanno compreso la necessità di avere un atteggiamento di fiducia verso la scuola che hanno scelto per i loro figli e quella, nel contempo, di lavorare in gruppo per essere più efficaci.
MOMENTO 3. SOLUZIONI
Dopo un proficuo scambio tra le parti, è stato convenuto quanto segue.
Gli insegnanti si impegnano ad adottare una didattica inclusiva, che si pone l’obiettivo di far raggiungere a tutti gli alunni il massimo grado possibile di apprendimento e partecipazione sociale, valorizzando le differenze presenti nel gruppo classe. Le differenze non riguardano soltanto gli alunni, ma anche i docenti: come gli alunni non imparano tutti nello stesso modo, infatti, così gli insegnanti non insegnano con lo stesso stile. Le differenze vanno stimolate, valorizzate, utilizzate nelle attività quotidiane per lavorare insieme e crescere come singoli e come gruppo.
I genitori si impegnano a sostenere la scuola e a rispettare l’alleanza educativa che con essa sta costruendo. Lavorano, altresì, singolarmente e in gruppo per affiancare i figli nel delicato compito della crescita sia culturale sia umana, nella consapevolezza che i ragazzi vanno incoraggiati, non puniti, vanno ascoltati, non ignorati, vanno indirizzati, non lasciati in balia di se stessi, vanno sostenuti, non mortificati.
I ragazzi hanno bisogno di credere in se stessi, ma se per primi non ci credono i genitori stessi, come fanno a crederci loro? Non sono ancora adulti! Hanno ancora bisogno di una guida, e quella guida sono i genitori, primi fra tutti.
INTERVENTI SINERGICI TRA SCUOLA E FAMIGLIA
In definitiva, sono state individuate tre tipologie di intervento da promuovere, tutte complementari:
- Azioni promosse dalla organizzazione scolastica tese a migliorare la qualità della partecipazione della famiglia nella educazione dei figli: conferenze, gruppi di incontro per genitori e insegnanti, attività di volontariato per genitori nella scuola, organizzazione di eventi per famiglie e docenti.
- Azioni promosse dalla famiglia tese alla educazione dei figli: conversazioni sulla scuola tra genitori e figli, sostegno da parte dei genitori nei compiti a casa, coinvolgimento delle famiglie nelle attività extra-didattiche.
- Azioni promosse dai docenti in classe tese al buon funzionamento del gruppo e alla soddisfazione dell’utenza (alunni e famiglie).
Quello che è emerso dall’intervento è in linea con le evidenze della letteratura psicopedagogica, confermando che una buona relazione tra genitori e insegnanti favorisca il benessere dei figli/alunni. Pertanto entrambe le parti devono impegnarsi a far sì che la loro relazione funzioni.
ALLEANZA SCUOLA-FAMIGLIA: UN TENTATIVO DI CATEGORIZZAZIONE
Le attività fondate sull’alleanza tra scuola e famiglia possono essere raggruppabili in sei categorie:
- Genitorialità: obblighi di base dei genitori nei confronti dei figli – supervisione, guida, materiali necessari per la scuola.
- Comunicazione: obblighi di base della scuola verso gli alunni e le loro famiglie – comunicazioni ai genitori sui programmi scolastici e sui progressi degli alunni.
- Volontariato: coinvolgimento dei genitori a scuola, attraverso attività di volontariato e la loro partecipazione a eventi speciali.
- Apprendimento a casa: coinvolgimento dei genitori nel processo di apprendimento – aiuto nei compiti, discussioni sulla scuola, sostegno e appoggio.
- Prendere decisioni insieme: coinvolgimento delle famiglie nelle decisioni a livello di commissioni scolastiche, consigli di classe e di istituto.
- Collaborazione con la comunità: collaborazione con il territorio e condivisione tra genitori all’interno della stessa comunità.
DALL’INTERVENTO PRATICO ALLA DEFINIZIONE DI UNA BUONA PRASSI
A seguito dell’intervento effettuato, è stato possibile delineare una buona pratica, vale a dire una prassi efficace, che tenda al miglioramento continuo della qualità, basato su un’esperienza certa e positiva. Un reale miglioramento o la tensione al miglioramento, infatti, può verificarsi solo con un sistema metodologico che consenta anche la trasferibilità dell’esperienza e della soluzione. Quindi “l’esperienza evidente” diventa condizione essenziale perché una prassi che modifichi in senso positivo lo stato delle cose diventi “buona prassi” per la collettività.
In conclusione, una buona prassi per implementare l’efficacia della relazione della scuola con la famiglia può essere definita in tre passi.
1° PASSO. RIDEFINIZIONE DEL PROBLEMA
Qual è il problema maggiormente avvertito da tutte le parti in causa? Quali sono le esigenze di ciascuno?
2° PASSO. DISCUSSIONE SULLE POSSIBILI SOLUZIONI
Quali potrebbero essere le possibili soluzioni elaborate?
3° PASSO. ELABORAZIONE DI UNA STRATEGIA COMUNE
La strategia comune è sempre qualcosa di inaspettato, poiché viene elaborato in seguito all’ascolto reciproco e allo scambio di idee.
A patto, naturalmente, che ci sia, da parte di tutti, la volontà di dialogare.